Fin da subito avrei dovuto capire che la pallacanestro sarebbe stata un elemento importante della mia vita!
“Galeotto fu il pallone da basket” direbbe oggi Dante
per spiegare come si conobbero i miei. Mio padre, Fabio, era un giocatore professionista. La sua carriera era iniziata a Brugherio, ma l’occasione di fare il salto di
qualità arrivò quando fu acquistato dalla squadra di Roma. Per un ragazzo di provincia, ritrovarsi in una città come la capitale avrebbe potuto essere disorientante,
ma la sua grande fortuna fu di avere in squadra mio zio, Giorgio… il futuro cognato!
Il legame che univa mio zio a mia madre, Anna, era di quelli veri. Essendo gli ultimi due,
di quattro fratelli, erano cresciuti assieme. Per svagarsi dall’attività sui libri, mia madre spesso (per non dire sempre!) seguiva il fratello maggiore alle partite.
Era la primavera del 1973 quando i miei genitori cominciarono a frequentarsi… ma prima della mia nascita ci volle: un cambio di città (da Roma a Brescia) e tre traslochi.
Mia madre era una brillante studentessa universitaria, tanto che uno dei suoi professori, Elemire Zolla, la voleva come assistente fissa… ma al cuore non si comanda!
Il 28 Agosto 1981,
dopo aver gonfiato la pancia di mia madre a dismisura, intorno alle 11.45 venni alla luce con un interessante peso forma di 5 Kg e 100 g! Per fortuna il parto fu un cesareo…
La permanenza a Brescia fu davvero breve. Mio padre trovò squadra, per la stagione 1981-82 a Udine. Fu un anno assai piovoso e quando finalmente la bella stagione stava
sopraggiungendo, il campionato terminò.
I miei intanto avevano comprato casa a Bovezzo (paesino poco fuori le porte di Brescia) e così in attesa di sapere dove
avrebbe giocato l’anno seguente mio padre, ritornammo a casa. Nel frattempo la mia stazza continuava a raggiungere livelli “notevoli”: ad un anno pesavo più
di 15 kg! A furia di prendermi in braccio, mia madre aveva sviluppato una forza sovraumana negli arti superiori ed era pronta ad affrontare le competizioni di braccio di ferro! Scherzo!!
Per la stagione cestistica 1982-83, mio padre fu preso dalla squadra di Napoli e così in marcia per un altro spostamento. Capitammo nella città partenopea proprio
nell’anno del bradisismo… ogni tanto si avvertivano delle scosse di terremoto, ma niente di preoccupante! Nonostante i pochi anni di vita, ho ancora diversi ricordi
della permanenza a Napoli: il mio amore per la pasta, nato nella rustica trattoria “Da Giovannino si mangia bene e si spende poco” (situato nei quartieri spagnoli);
il Capodanno… non esiste niente di simile; il tentativo di emulare, in bagno, lo sci nautico, che mi ha procurato un discreto taglio sulla testa; la cameretta da letto con le
pareti piene di adesivi dei puffi! Al termine del campionato, facemmo ritorno a Brescia dove mio padre giocò per la stagione 1983-84. Sembrava che fossimo destinati a non
traslocare più… ma non fu così, perché l’anno successivo ci spostammo di pochi km, da Bovezzo a Cortine di Nave.
Intorno ai cinque anni cominciai ad
avvicinarmi alla pallacanestro, seguendo dei corsi di minibasket. Non fu una scelta dettata dai miei genitori, anzi, ebbi la libertà provare tutti gli sport (dal nuoto al
calcio… fino al tennis), ma nessuno mi piaceva ed emozionava come il basket. Trascorrevo le ore con la palla in mano nel piazzale antistante il garage di casa, dove avevo un
canestro attaccato al muro.
Purtroppo intorno ai sei-sette anni, i miei si separarono e devo dire che la pallacanestro fu molto importante per non risentire troppo di ciò che era accaduto.
La possibilità di correre dietro ad un pallone, assieme ai miei amici era al tempo stesso un modo per sfogarmi e divertirmi. Non furono comunque anni facili, da ogni punto di vista,
e mia madre dovette farsi in quattro e compiere i proverbiali salti mortali per far quadrare la situazione, non facendomi mancare nulla.
Nel frattempo era iniziata anche l’esperienza
scolastica. Gli anni alle elementari trascorsero abbastanza velocemente, nonostante una triade di maestre molto legate all’esteriorità e poco alla sostanza.
Solo in quinta, con l’arrivo di un maestro, le lezioni si movimentarono un po’! Alle medie la qualità dell’insegnamento non migliorò (fatta eccezione
per un paio di professoresse) e questo portò ai primi scontri “non verbali”. Devo fare una premessa importante che riguarda il mio carattere, ritengo fondamentali
valori come l’onestà, il rispetto, la correttezza e la sincerità… e di conseguenza, questi aspetti sono diventati basilari per me e per i rapporti con le persone.
In poche parole non sopporto le ingiustizie e le prese per il c…! Troppo spesso invece ne ho viste durante le ore scolastiche, non solo nei miei confronti ma anche rivolte ai compagni
di classe, e questo non mi piaceva affatto. Purtroppo non potendo reagire apertamente, per evitare atteggiamenti maleducati, mi ritrovavo a manifestare pensieri e stati d’animo con
espressioni del viso assai più eloquenti di qualsiasi parola. Il problema è che non me ne accorgevo… uscivano spontaneamente! Questo non mi ha affatto aiutato…!
Alla fine le medie si conclusero con un più che discreto esame, un “Buono” come voto finale e una predisposizione alle materie artistiche e letterarie. Fu proprio nei primi
mesi del terzo anno che mi avvicinai alla lettura. Si trattava di una versione per ragazzi dell’Iliade. Ne rimasi subito affascinato e l’attrazione per la lettura iniziò
a svilupparsi.
Di pari passo proseguiva l’attività cestistica con risultati che andavano oltre l’immaginazione. Le ore passate a giocare da solo cominciavano a dare i
loro frutti. Inoltre ebbi la fortuna di condividere i campi da gioco con ottimi ragazzi, instaurando amicizie vere e durature.
Per quanto riguardava la scelta delle superiori mi orientai
verso il liceo scientifico. Ci volle in po’ prima di decidere, ma il suggerimento arrivò da un professore di lettere molto in gamba, che mi spiegò i vantaggi di una
formazione liceale. Alla fine presi un indirizzo sperimentale, nato proprio quell’anno, legato all’ambiente ed alla Natura (con più ore di biologia e scienze). Passai
i primi due anni, tra alti e bassi, con una pagella più che sufficiente… anche se si verificarono fatti spiacevoli. Il più ridicolo fu quando mi ritrovai 5 in educazione
fisica nel primo quadrimestre. Non riuscivo a spiegarmelo: avevo ricevuto da un paio di mesi la convocazione con la nazionale giovanile di pallacanestro ed ero fisicamente in formissima,
non ho mai saltato una lezione, portando sempre l’abbigliamento idoneo e mantenendo un atteggiamento consono all’ambiente scolastico. Il professore mi aveva inoltre affidato
il compito di condurre il gruppo durante il riscaldamento e lo stretching… così lui poteva fare “dell’altro”. Voto: 5!!! Capite da questo breve racconto
che la cosa, anche se banale, mi ferì molto!
Il terzo anno fu il più difficile. La nostra classe sperimentale venne decimata e ci ritrovammo ad essere accorpati ad
un’altra sezione. Il pregiudizio da parte dei nuovi professori caratterizzò tutto l’anno scolastico. Vicende assai incresciose, al limite del grottesco, mi accompagnarono
durante le ore di lezione. Anche il solo rivangarle mi suscita tristezza e rabbia. Fui bocciato. Non per una questione didattica. A colloquio con il preside, capì che fattori
“esterni”, ma in qualche modo “interni”, influirono sulla scelta finale. Il suo consiglio fu quello di cambiare liceo. Preferisco rimanere vago, perché se
andassi nel dettaglio dovrei fare dei nomi. Se avessi fatto ricorso avrei vinto facilmente, dato una serie di prove “schiaccianti”… ma nulla sarebbe cambiato, avrei
comunque lottato per altri due anni.
La pallacanestro e la lettura furono un sostegno importante.
Il cambio di liceo fu una vera e propria rinascita. Professori di livello universitario,
compagni di classe davvero “forti” (la cui amicizia dura tutt’ora) ed un ambiente frizzante caratterizzarono tre anni splendidi! Tante le soddisfazioni in quel triennio,
che terminarono con un brillante esame di maturità ed un 93/100.
Il tempo per rilassarsi dalla scuola fu comunque poco dato che dovevo scegliere quale indirizzo intraprendere
all’università. Medicina? Economia? Lingue?… Alla fine prevalse l’attitudine personale e così mi orientai per Beni Culturali, a discapito di altre
facoltà forse più “utili” per un futuro lavorativo.
Gli ultimi anni sono stati un susseguirsi di esperienze e di attività. Dal ruolo di presidente di
un’associazione culturale, all’emozione di vincere sei campionati con quattro differenti squadre; l’ennesimo
trasloco (probabilmente non sarà l’ultimo!), la conoscenza di persone importanti per la mia crescita.
Dal 2008 collaboro con un’azienda che si occupa di benessere, ma
comunque il mio impegno con la pallacanestro prosegue. Nel 2011 è stato pubblicato il mio primo libro, “Il Momento del Risveglio”.